Hollywood Netflix

Hollywood di Netflix: la voce delle minoranze

Ve lo dico: oggi ho studiato. Non che l’ultima volta avessi scritto di Dua Lipa senza aver ascoltato il suo album dalle quarantacinque alle settantadue volte, ma a ‘sto giro mi sono documentato con particolare impegno.
E’ da un po’ che leggevo che Netflix avrebbe lanciato a inizio maggio Hollywood, serie tv di sette episodi (dai 45 ai 55 minuti l’uno) prodotta da Ryan Murphy. Bé, in due giorni l’ho letteralmente divorata e sono qui con la missione di farvi come minimo venire l’acquolina.

 

La trama di Hollywood

Ambientata negli anni Cinquanta, Hollywood narra i retroscena della realizzazione di un film a partire dai casting e arrivando alla cerimonia degli Oscar, mostrando i punti di vista dei giovani registi, sceneggiatori e attori in cerca di visibilità e di un futuro ma anche quelli dei potenti, delle case cinematografiche in grado di imporre filtri tra il prodotto inizialmente pensato e il prodotto distribuito nelle sale.

Jack Castello (David Corenswet) è un giovane attore trasferitosi a Hollywood con la moglie incinta (Maude Apatow, sorella di Cassie in Euphoria) in cerca di gloria, stesso obbiettivo di molti suoi coetanei, come il regista Raymond Aynsley (Darren Criss, ormai volto noto in più serie tv di Ryan Murphy, come American Crime Story Versace e Glee), lo scrittore Archie Coleman (Jeremy Pope) e le aspiranti attrici Camille Washington (Laura Harrier) e Claire Wood (Samara Weaving). L’unico modo che Jack trova per guadagnare nell’attesa di venir notato è lavorare ad un distributore di benzina (di cui il proprietario è interpretato da Dylan McDermott, protagonista di varie stagioni di American Horror Story) con, non chiedetemi di spiegarlo meglio, servizio a lieto fine. Fare il gigolò lo porta direttamente agli Ace Studios (inesistenti nella realtà ma chiaramente ispirati a studi come i Paramount Pictures Studios) visto che il distributore vanta tra i clienti vertici del mondo di Hollywood.

Da qui un susseguirsi di vicende che porteranno alcuni personaggi a perseguire i propri sogni e altri a dover venire a compromessi con ciò che è universalmente accettato e ciò che è giusto: il film che viene prodotto è una pellicola scritta da un gay di colore con un regista mezzo filippino e nel cast importanti esponenti di minoranze. Tutto ciò che nell’ambiente del dopoguerra era concepito come oltraggioso.

A mio parere nasce qui la grandiosità della serie Hollywood: (quasi) tutti i personaggi vogliono portare a termine la distribuzione di un film portavoce di un messaggio così rivoluzionario ma il nemico che devono sconfiggere non è altri che l’opinione pubblica, l’ideale di ciò che è giusto e ciò che non lo è, il pregiudizio che per decenni ha lasciato donne in cucina invece che a capo di studi cinematografici, ha obbligato star asiatiche e di colore a interpretare unicamente concubine e domestiche, ha portato uomini e donne gay a sfogare i propri istinti in feste private e in angoli bui.

 

I riferimenti con la realtà

Henry Willson e Jim Parsons
  • In primis, il porno-distributore di benzina esiste realmente: il proprietario nella vita reale era Scott Bowers (morto l’anno scorso), che in un libro pubblicato nel 2012 (Full Service: My Adventures in Hollywood and the Secret Sex Lives of the Stars) ammette di aver fornito in questo modo avventure soprattutto a tutti coloro che, nell’ambiente hollywoodiano del dopo guerra, non potevano rivelare la propria sessualità pubblicamente. Il mio cervello si è impallato su questi retroscena così tanto che ho scoperto che c’è anche un documentario, uscito nel 2017, su di lui.
  • Due personaggi principali della serie e realmente esistiti nella realtà sono Rock Hudson (Jake Picking) e Henry Willson (Jim Parsons, noto a tutti come Sheldon Cooper di The Big Bang Theory e secondo me così ricco di talento da averci fatto completamente dimenticare la cosa per sette episodi). Rock Hudson, nome d’arte per Roy Fitzgerald fornitogli da Henry Willson, fu un giovane attore la cui sfortuna è quella di aver avuto come agente Henry Willson, tristemente noto per maltrattare i propri pupilli e approfittarsene sessualmente promettendo loro in cambio il successo. E’ lui che ha lanciato l’immagine del machismo nei film di Hollywood. Nella realtà Willson ha terminato la sua vita solo e licenziato da chi, come Rock Hudson, ha subito per anni i suoi soprusi.
  • Anna May Wang (interpretata da Michelle Krusiec), di origine cinese, è stata la prima attrice asiatico-americana ad essere riconosciuta dal pubblico internazionale. Terminò la sua carriera, caratterizzata da ruoli prettamente legati alla sua nazionalità in modo poco lusinghiero come se una cinese non potesse interpretare un ruolo differente dall’ammaliatrice arrivata dall’Oriente per offrire le sue grazie, quando agli Oscar venne premiata un’attrice bianca che era stata scelta al suo posto per interpretare una protagonista asiatica. In Hollywood viene ripreso e approfondito il suo dolore.
  • Hattie McDaniel (interpretata da Queen Latifah) e Vivien Leigh (interpretata da Katie McGuinness) sono rispettivamente la mami e Rossella O’Hara di Via col Vento. Vengono portate in scena nella serie per due differenti motivi: Vivien partecipa alle feste dell’ambiente ed è personalmente conosciuta da chi lavora ai vertici degli Ace Studios, mentre Hattie ha un compito di un po’ più di spessore. Avverte Camille, attrice di colore in cui rivede sé stessa anni prima, di non fare i suoi stessi errori. Nella vita reale infatti Hattie McDaniel vinse il premio Oscar per Via col Vento e interpretò fino alla fine della sua carriera solo ed esclusivamente ruoli da domestica senza mai ribellarsi e venendo per questo additata dalle minoranze come asservita: persino alla cerimonia degli Oscar cui vinse ebbe il diritto di entrare in sala come tutti gli altri solo pochi minuti prima della sua premiazione per ritirare il premio. Perché nera, ovviamente.
  • Il film che si produce in Hollywood è Peg, pellicola che non esiste veramente ma che si ispira a una storia realmente accaduta: Peg Entwistle è un’attrice cinematografica degli anni Trenta tristemente conosciuta per aver dato il via a una serie di suicidi ispirati al suo lanciandosi dalla lettera H della scritta Hollywood a causa della perdita del lavoro. L’intento dei protagonisti della serie è dare speranza a tutti coloro che l’hanno persa rivivendo ciò che ha vissuto Peg. C’è dell’altro ma spoilererei.

 

Consigli per chi l’ha amata

Non so se sono solo io ma mi viene molto naturale collegare a Hollywood due stagioni di altre due serie tv sempre targate Ryan Murphy: American Crime Story Versace e Feud: Bette and Joan. Raccomando la visione di entrambe a tutti coloro che impazziranno per Hollywood, per l’atmosfera solenne di sottofondo e per il rimando a situazioni, contesti e personaggi realmente esistiti di cui si potranno googlare le foto profilo in bianco e nero.

American Crime Story Versace è la seconda stagione della serie antologica che s’è occupata con la prima del caso OJ Simpson: narra il dolore della famiglia Versace dopo l’omicidio di Gianni e ciò che si è acceso prima e dopo l’accaduto nella mente dell’assassino Andrew Cunanan.

Feud: Bette and Joan è la prima e unica (spero solo per ora) stagione di un’altra serie antologica dedita alle più grandi faide della storia: parla delle attrici Bette Davis e Joan Crawford, eterne rivali, in un contesto più analogo a Hollywood rispetto a American Crime Story.

 

Se non si è capito ho amato questa serie alla follia: fatemi sapere che ne pensate! Vi lascio il trailer!

-D

Cosa ne pensi?