Spoiler: questo articolo sarà un casino. Non ho la minima idea di come ordinare le idee per parlare di quella che tra qualche decennio verrà definita nei libri di storia la Grande Colonizzazione del 2020: la conquista di Dua Lipa di ogni angolo del mio Spotify, all’interno del quale corre già l’anno 2195 e tutti viaggiano su auto che si guidano da sole a patto che il passeggero indossi un tacco 25.
L’opera d’arte che ha fatto sì che la Grande Colonizzazione venisse portata a compimento prende il nome di Future Nostalgia, album di 11 tracce plasmato dagli angeli con cui mi sto sfamando dal 27 marzo. Futura nostalgia: ogni brano contiene sample che richiamano brani del passato spingendoli nel futuro, fondendoli con altri generi e trasformandoli in qualcosa di totalmente nuovo.
I singoli di Future Nostalgia
Io me la immagino chiaramente Dua Lipa nella sua cameretta costellata da Grammy con Anwar Hadid appeso all’attaccapanni e pronto per essere usato, a dirsi allo specchio “sai che c’è? io adesso li faccio ossessionare tutti”. E sapientemente Dua l’ha fatto.
Contrariando tutti gli istruttori di patente del mondo è partita in sesta sfoggiando verso fine ottobre una tutina fluo niente male e cantando Don’t start now, la canzone perfetta per sfilare lungo un marciapiede affollato fingendo che il primo che urterai per sbaglio voglia scattarti una foto invece che spararti nei lobi. Personalmente posso dire che farsi sparare nei lobi per Don’t start now non è così spiacevole e che apprezzo questa canzone oggi come fosse il giorno dopo la droppata.
A dicembre è stata pubblicata, con tanto di lyric video su campo da golf Bet on it di Troy Bolton Future Nostalgia, prima traccia dell’album e non singolo ufficiale: qua si delinea uno dei temi principali trattati, la cazzimma che fa di una donna una donna alfa. Tipo che la Lipa vi spezza il braccio se provate a skippare la canzone.
Arriva gennaio e con lui Physical, omonima del capolavoro anni 80 di Olivia Newton-John. Dua, dal canto suo, le ha pensate tutte: se è bello dimenarsi su who needs to go to sleep when I got you next to me perché non dovrebbe essere bello farlo imitando lei che fa esercizi? E ragazzi, ve lo dico per esperienza personale: se fate workout con Dua Lipa finisce che avete gli addominali anche sulla schiena.
L’ultimo dei singoli partorito da mamma Lipa (mamma mia quanto verrà lungo questo articolo Marta mi denuncerà) è Break My Heart e qui, vi dirò, mi ha fatto tenerezza: provate ad immaginare questa poveretta sfinita da notti insonni perché costretta a decidere un solo nuovo singolo di fronte a pezzi tipo Levitating, Hallucinate, Boys will be boys. Probabilmente io avrei postato un medley. Sull’onda di tik tok, dove Say so di Doja Cat e Queen di Marta Daddato fanno impazzire le ragazzine e me, Dua ha scelto la canzone più coreografabile accompagnandola con il miglior video di quest’era: l’omaggio alla gravità mancante del video di Fuori di me di Greta Menchi non mi è passato inosservato.
Preferita dei singoli: Don’t start now, ma non dimentico le multe per eccesso di velocità rischiate per colpa di Physical e le clavicole perse ballando Break my heart.
La Top Three
Ho dovuto escludere i singoli per ovvi motivi: più che una top three sarebbe diventata una top 295.
Diciamo che a settimane dall’uscita di Future Nostalgia sono abbastanza certo di ciò che sto dicendo: le canzoni che ascolto quotidianamente e che cerco perché dopo un po’ ne sento il bisogno fisico sono due e si contendono a spintoni il primo posto.
A sentimento mi sento di dare la medaglia d’oro, per un millesimo di punto di scarto dalla seconda, a Love again. Siamo onesti: non è che Dua si sia raccontata granché nel cd: a livello di temi il femminismo e l’indipendenza alternati alle sveltine digestive regnano sovrane senza lasciare troppo spazio a lei che ci parla a cuore aperto di fatti personali. Ecco, con Love Again empowerment, guantini da pugile e conto pagato da sola cadono per quattro minuti e lasciano il posto ad una Dua più fragile che nell’intimità del confessionale rivela ai suoi fan di essere tornata ad amare grazie ad un’altra persona. Trovo questa canzone eccezionale in tutto: nell’uso del sample iniziale, nella drammaticità dei violini, nel farla partire un po’ come se fossero i sette nani che tornano dalla miniera e farla finire con un ritmo incalzante che ti obbliga a sbattere la testa da una parte all’altra finché non l’hai rotta. E’ che devo parlare ancora se no farei un mic drop.
Secondo posto meritatissimo per Levitating, canzone che oltre a spingere gli italiani a dedicarsi alla panificazione durante la quarantena mi dà vibes alla Katy Perry dei giorni buoni. Pop, coinvolgente, allegra, il ritornello veloce, solo belle parole per lei.
La medaglia di bronzo voglio che stia bene al caldo ed è per questo che la affido non a due mani ma a quattro: a pari merito piazzo Hallucinate e Boys will be boys, due canzoni dal mood molto distante ma che mi impedirebbero di andare a dormire sereno se le lasciassi fuori dal podio. Hallucinate mi ricorda la Gaga di Artpop o comunque quell’amica con cui in serata ti metti le dita negli occhi perché vuole andare a fumare quando parte la tua preferita, poi ti guarda e ti dice “dai basta andiamo a bere” e finisce che entrambi avete le starlight al posto degli orecchini. Bellissimo. Boys will be boys è invece la conclusione dell’album e lo ammetto, non mi è arrivata subito. E’ una chiusura solenne che, se vogliamo, non c’entra granché con il resto del cd, ma forse è proprio per questo che Dua l’ha messa in disparte. O forse l’ha fatto per il tema, che deve rimanere impresso e deve echeggiare nella mente dello spettatore anche a opera finita: boys will be boys but girls will be women. Dua racconta come una bambina sia costretta a crescere in fretta tenendo strette le chiavi di ritorno a casa per difendersi da eventuali aggressori, preoccupazione che un ragazzo di sicuro non ha.
I Fanalini di Coda
Cool è sicuramente la canzone che mi piace meno dell’album ma non me la sento di parlarne male perché poi Tove Lo, che l’ha scritta, mi cazzia. Quindi facciamo una cosa: non ne parlo.
Sia chiaro, non ho creato questo mini paragrafo per parlare delle canzoni brutte, ma per racchiudere quelle che cerco meno. Non potrei mai chiamare in questo modo i due chiari omaggi di Dua alle sorelle del fidanzato: la sensualità di Gigi Hadid e la malizia di Bella Hadid devono per forza aver firmato rispettivamente Pretty Please e Good in Bed. Non vedo l’ora che mi scrivano per congratularsi per questo articolo.
In conclusione Future Nostalgia è un album definitivamente POP, di un pop naturale e bello che ultimamente non si trova facilmente, disimpegnato e senza pretese se non quella di farti alzare e ballare all’infinito. Che è esattamente ciò che sto facendo.
A causa dell’emergenza Covid19 e di un fastidioso leak integrale Dua ha deciso di anticipare l’uscita del disco di una settimana portando gioia e amore nelle case dei suoi fan umili servitori e non solo: ha inevitabilmente rimandato il tour al 2021. A Milano arriverà a febbraio durante le serate di Sanremo: dopo il trattamento che Amadeus le ha riservato quest’anno (liquidata in mezzo secondo senza sforzarsi neanche di chiederle dove si fa la tinta) rubargli il pubblico per il prossimo mi sembra il minimo.
Infine ci tengo a rassicurare Rina Sawayama e Halsey: per il 5% del mio 2020 ho ascoltato anche i vostri cd e li ho adorati. Lasciatemi un commentino sotto l’articolo o da qualche parte con la vostra top three di Future Nostalgia! Siete fortunati: qualsiasi sia la risposta sarò d’accordo!
-D