Non è facile descrivere un progetto discografico come WHEN WE ALL FALL ASLEEP, WHERE DO WE GO?, come non è facile parlare del fenomeno Billie Eilish e di come è arrivata al successo con un seguito così importante in pochissimo tempo.
È vero che dalla pubblicazione del primo EP dontsmileatme, Billie è sempre rimasta sulla cresta dell’onda ma se ci dovessimo mettere ad analizzare il personaggio, il tipo di genere musicale, la direzione artistica verso la quale questa giovane diciassettenne punta, allora la maggior parte di noi non ne uscirebbe viva.
Una cosa però va detta dal principio: Billie, senza il genio del fratello Finneas non andrebbe da nessuna parte. Tutte le atmosfere musicali e le lyrics sono prodotte e scritte a quattro mani assieme al fratello nell’intimità della cameretta di casa – se ci fermassimo un attimo a riflettere, è quella che potremmo definire una maniera completamente old school di fare musica, senza presunzione, con la sola voglia di rappresentare la realtà. È proprio questo dettaglio che rende Billie appetibile ad un pubblico variegato ed è per questo che mi sento di definirla il futuro della musica, la portavoce della nuova generazione.
WHEN WE ALL FALL ASLEEP, WHERE DO WE GO? è una perla grezza e piuttosto dark. È una giostra che ti fa venir voglia di correre, saltare, riflettere, prendere il mondo per le palle. Ogni traccia contenuta in questo album di debutto è un universo parallelo a sé stante, un film timido che urla la verità e i visual che accompagnano i primi singoli estratti ne sono la prova concreta – dai ragni, al ruscello di lacrime nere, fino ai corridoi infestati di una casa abbandonata. Il filo conduttore è l’interpretazione che ognuno di noi deve sentirsi libero di attribuirgli.
Dopo l’interlude di 14 secondi che ci spiattella in faccia la volontà dell’artista di non prendersi sul serio, si passa dai ritmi frenetici e assillanti di bad guy, la canzone apripista, alle manie di grandezza di you should see me in a crown fino alle lyrics inquietanti di all good girls go to hell dove Billie afferma che “il suo lucifero si sente solo”. Passando attraverso momenti più riflessivi e intimi in xanny, wish you were gay, 8 e when the party’s over – capolavoro indiscusso dell’album – my strange addiction, ha il compito di intrattenerci con la sua ritmica da filastrocca, passando il testimone al pilastro dell’intero progetto, bury a friend, la traccia più claustrofobica. La tripletta vincente, però, arriva a chiusura dell’album come la santissima trinità: ilomilo parla della paura di perdere le persone che ami, listen before i go è stata definita dall’artista la canzone più personale e delicata e descrive lo stadio finale della depressione e i love you, la sorella maggiore di watch, è una ventata di aria fresca che ti riscalda la faccia.
Billie ci lascia con goodbye, una sorta di traccia-riassunto contente le lyrics delle canzoni precedenti – un finale aperto.
In un’intervista a Umusic, Billie ha affermato che l’album è stato scritto dal punto di vista del mostro sotto il suo letto. Beh, se questi sono i risultati, spero anche io un giorno di trovare il mostro sotto al mio letto, di farmelo amico e di farmi portare nel suo universo parallelo.
Nell’attesa, vi lascio con il video che accompagna bad guy:
– Nic.