Ho cominciato il count down per il ritorno di The Bold Type il giorno esatto in cui hanno annunciato una seconda stagione di The Bold Type e ho volato altissimo quando, oltre una seconda stagione, hanno annunciato anche la terza.
Scrivo questa receMsione con la speranza che non succedano catastrofi e che io possa recensire il più possibile ma, come ormai abbiamo capito, “la vita è quella cosa che succede tra una puntata e l’altra“: in pratica la vita sono le parolacce che diciamo quando siamo al telefono con Fastweb perché ci si è incartato il wi-fi.
Dove eravamo rimaste
Sutton è assistente di Oliver, Kat decide di partire per un viaggio che sembra essere di tre mesi invece è di due settimane e Jane accetta il lavoro da Incite che sembra la sede di Derelictus, la linea di moda lanciata da Mugatu in Zoolander ma Jane, siccome Zoolander non l’ha mai visto, va al lavoro vestita classy perché siamo nel ventunesimo secolo e il corpo è mio me lo gestisco io.
5 alto per lei, anche se la sua storyline di oggi era tanto, troppo sottotono.
Sutton
Premessa: io a Sutton voglio bene.
Sutton è l’amica insospettabile che, quando meno te lo aspetti, entra in scena camminando in slow motion e tu la guardi anche se non vuoi perché sai che non si sta davvero muovendo in slow-mo, ma percepisci proprio che sia così.
La policy dell’azienda è cambiata, basterebbe una firma per poter frequentare Richard MA se frequentasse Richard nessuno la prenderebbe sul serio perché tutti la percepirebbero come raccomandata, un po’ come quando alle elementari prendevi “ottimo” nel tema e ti dicevano “per forza che sei brava, il tuo papà fa il maestro“.
Infatti poi ho aperto un blog anche se nessuno dei miei genitori fa il blogger e ho cominciato a scrivere di materie altissime come, ad esempio, canzoni per quando hai il ciclo e film brutti su Netflix.
Sutton, io non so cosa ti succederà nelle prossime puntate ma ricordati che ti vogliamo bene comunque, sia che tu decida di tornare con Richard, che ricordiamo essere stato una fiamma di Serena Van der Woodsen, sia che tu scelga di conquistare il mondo in solitaria, un passo in décolleté alla volta.
Kat
In questa puntata, non so come, mi sono ritrovata a tifare per Adena, personaggio che nella prima stagione mi è parso un po’ come la mia cucina in erasmus: insipido e sempre sempre sempre uguale.
Kat è tornata da due settimane in Perù (DUE SETTIMANE KAT EDISON CI HAI FATTO CREDERE CHE TI PRENDEVI UN DECENNIO SABBATICO COSA TI DICE IL CERVELLO) ed è più innamorata che mai solo che ci sono labbra ancora rimaste inviolate.
Si tratta di uno statement pazzesco, bacio lesbo in prima serata (che va ben oltre il bacio) durante il mese del pride.
Alla dichiarazione di Adena durante la festa di Scarlet ho avuto gli stessi brividi di quando Kat ha esordito con l’iconico “Hold my fitbit” alla ricerca delle uova di giada perse nei meandri di Tiny Jane.
Jane
Per mesi ho creduto che Jane fosse il mio alter ego oltreoceano, poi mi sono subito ricreduta perché lei si veste meglio e non ha mai scritto un pezzo sul make up vaginale di Kim Kardashian. O, se l’ha scritto, il mio è più carino.
A proposito di Tiny Jane, per me è stata un ni, infatti non ho trovato nemmeno una gif della sua performance durante la 2×01. Soffre la mancanza delle sue due dolci metà, e per questo non la si può proprio biasimare, e si trova in un posto di lavoro in cui dovrà tirar fuori le unghie, con tanto di semipermanente, per mostrare a chi ancora non la conosce di cos’è capace.
Si incaponisce sulle coppette mestruali, le cambiano il pezzo e Pinstripe non s’è visto.
Ora, non che una donna dev’essere definita dalla persona che le sta accanto perché non m’azzarderei nemmeno a pensarlo per sbaglio, ma con una storyline così traballante forse un piccolo aiuto narrativo le sarebbe servito.
Questa serie tv è palesemente un fantasy, loro hanno 25 anni e Kat dirige il reparto social media, Jane ha una rubrica sua e Sutton tra le tre è quella meno fantasy di tutte poiché più vicina alla posizione in cui siamo noi, cuccioli di stagiste, o future tali, che mostrano i denti in un man’s world dove siamo abituate ad accavallare le gambe in metro perché quello accanto a noi ha una mongolfiera nei pantaloni e con le cosce chiuse proprio non ci riesce a stare.
The Bold Type mi piace perché, anche se per 40 minuti e anche se un capo come Jacqueline è artificiosamente creato in laboratorio, ti ricorda che a gambe aperte in metro ci puoi stare anche tu, è un tuo diritto.
Anche se non hai una mongolfiera nei pantaloni.
E io vi giuro che nella mia testa il monologo qui sopra sembrava molto meno equivoco, ma ho deciso che è giunto il momento di buttare giù un paletto alla volta: se vi andasse di tornare a trovarmi, butteremo giù un paletto alla volta.
Insieme.
Ci vediamo, spero, la prossima settimana.
Un bacio a testa,
-M