American Crime Story è una serie antologica figlia di Ryan Murphy (e quindi sorella di American Horror Story e Feud, anch’esse antologiche, di 9-1-1, non antologica, e delle ormai concluse Glee, The New Normal e Scream Queens) che ha visto la luce per la prima volta nel 2016 con la prima stagione, incentrata sul caso di O.J. Simpson, giocatore di football americano che nel 1994 affrontò un processo penale a suo carico dopo essere stato accusato di aver ucciso la ex moglie e l’amante. Non vi spoilererò l’esito perché immagino i vostri pollici opponibili abbiano già aperto una nuova pagina google per sapere tutto anche sulla moglie del cameriere della cugina di terzo grado di O.J. Simpson.
Come avrete capito da queste poche righe l’intento di Ryan Murphy espletato dal suo show è quello di raccontare in stagioni di una decina di episodi l’una diversi fatti di cronaca nera che hanno sconvolto l’America: alla prima stagione segue la seconda, di cui vi parlerò abbondantemente oggi e che ha appena terminato di essere trasmessa sul canale FX in America e su Sky in Italia, e sono già in programma la terza, incentrata sugli avvenimenti legali successivi all’Uragano Katrina, e la quarta, che vedrà protagonisti Bill Clinton e Monica Lewinsky all’era del famoso Sexgate.
Ma veniamo al motivo per cui sono qua: parlarvi della seconda stagione, American Crime Story Versace.
LA TRAMA
I nove episodi di American Crime Story Versace durano cinquanta o sessanta minuti l’uno. Costruendo la time-line al contrario, partendo dall’assassinio di Versace e percorrendo la vita di Andrew Cunanan a ritroso mostrandoci gli altri quattro omicidi da lui commessi e l’infanzia che l’ha portato ad essere quello che è stato, Ryan Murphy ci spedisce indietro nel tempo, per istruirci su uno dei crimini più celebri degli anni Novanta.
Era il 1997 quando Gianni Versace è stato ucciso fuori dalla sua villa di Miami, ultimo atto di una serie di omicidi ad opera di Andrew Cunanan: siamo portati letteralmente a entrare nella mente del killer, capendo cosa l’ha portato a essere un killer e il dolore che ha fatto vivere a tutte le persone coinvolte.
PERCHE’ NON VEDERLO
Oggi sono pazzo (ovviamente meno di Andrew Cunanan) e ho invertito il solito ordine di paragrafi dell’articolo: in realtà questa scelta è coscienziosa ma se lo dicessi non mi crederebbe nessuno.
Partiamo dal presupposto che a me questa stagione di American Crime Story è piaciuta tantissimo, quindi esporrò qui le motivazioni degli haters per poi confutarle secondo il mio per nulla umile punto di vista, così che abbiate di fronte i due piatti della bilancia sbilanciati completamente dalla parte della ragione cioè dalla mia: democrazia I love you.
La critica che ho visto più spesso muovere nei confronti di ACSVersace, soprattutto a metà stagione, è quella di non parlare solo di Gianni Versace nonostante il titolo sia “L’assassinio di Gianni Versace“. “A questo punto avrebbero dovuto chiamarlo Gli omicidi di Andrew Cunanan“, dicono.
Per me la scelta del nome è azzeccata dal momento in cui parlare dell’assassinio di Versace implica l’approfondire la vita dell’assassino e non dello stilista assassinato, ma a prescindere da questo c’è un significato che a me è apparso solo dopo aver visto l’ultima scena della serie e che forse i più acuti avevano carpito già dall’inizio. Andrew Cunanan era malato, necessitava di attenzioni e aspirava alla gloria eterna, quella che di sicuro Gianni Versace ha raggiunto; non solo lui non è riuscito ad ottenerla quando era in vita, ma non ci sta riuscendo tuttora, venendo ricordato per aver influito sulla vita di un altro e non per aver influito sulla propria. Il titolo della stagione, volutamente, non include nemmeno il suo nome, nonostante lui ne sia il protagonista, così come prima di iniziarla tutti sapessimo che Gianni Versace è stato assassinato ma nessuno sapesse chi l’ha assassinato.
Critica che capisco di più è quella riguardante la lentezza della trama. Le puntate durano cinquanta minuti e ricoprono ciascuna un arco di tempo ristretto: i fatti sono limitati rispetto a quello che la serie ci vuole comunicare dal punto di vista psicologico.
PERCHE’ VEDERLO
– Darren Criss. Il giovane che ci saluta felice dalla gif qua sopra è conosciuto nel 300% dei casi come Blaine Anderson, personaggio che ha interpretato quando Glee andava in onda. A Ryan Murphy piace tantissimo ingaggiare gli stessi attori in varie sue serie (Sarah Paulson per ACS e AHS, Jessica Lange per Feud e AHS, Lea Michele per Scream Queens e Glee, Emma Roberts per Scream Queens e AHS e così via) e ha deciso di togliere il gel per capelli a Blaine regalandogli degli occhiali che lo facessero assomigliare ad Andrew Cunanan. Ehmbé, Darren è uno dei motivi, se non quello principale, per cui questa stagione è stata così credibile e affascinante: di sicuro la sua è stata l’interpretazione più difficile in termini di intensità e tempo occupato on screen e più riuscita. Ryan Murphy c’ha mostrato lati di Darren che non c’aspettavamo di vedere e di sicuro non mi riferisco solo al fondoschiena regalato a sfregio dalla prima puntata.
– Il resto del cast.
Donatella Versace è interpretata da Penelope Cruz, Gianni Versace da Edgar Ramirez e Antonio D’Amico da Ricky Martin. Questi tre sono i tre regular della stagione insieme a Darren Criss, ma anche gli attori che danno un volto ai personaggi secondari, soprattutto quelli che sono caduti di fronte alla furia omicida di Andrew Cunanan, meritano tantissimo.
– Tutto ciò che ho detto nel paragrafo sopra. Non voglio essere più ripetitivo di quanto già non sia.
– L’atmosfera. Come ho detto la stagione s’incentra su dinamiche psicologiche più che sull’azione e non sto parlando solo della malattia di Andrew Cunanan, ma anche della complessa sfera affettiva e lavorativa della famiglia Versace prima e dopo la morte di Gianni.
Sarà che la vicenda mi coinvolge di più in quanto italiano e stupendamente affezionato a Donatella Versace su instagram, ma la seconda stagione di American Crime Story m’ha conquistato molto più di quanto avesse fatto la prima a suo tempo. Fatemi sapere se la inizierete o cosa ne pensate se l’avete già finita.
-D