Atypical

Perché vedere: Atypical di Netflix

Netflix è oramai il pusher di fiducia che conosce l’ampiezza del suo spaccio e confeziona prodotti ad hoc. Atypical è una serie-tv coraggiosa che racconta uno dei mille colori del caleidoscopio che è l’autismo. Un caleidoscopio complicato e ricco di combinazioni imprevedibili e, spesso, stupefacenti. Non pensiate che Atypical vi mostrerà tutti i giochi cromatici. Atypical vi racconterà la storia di Sam, diciottenne in crisi che cresce tra l’Antartide come luogo sicuro in cui rintanarsi e l’amore come sfida nel processo di crescita.

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È spaventoso per tutti crescere. Sam (Keir Gilchrist) affronta la vita sviscerandola per capirla attraverso dettagli che per altri sono complicati, ma per lui molte cose scontate sono complicate. Il suo essere “ad alto funzionamento” lo sostiene in questa ricerca dell’omni-comprensione. Il suo autismo lo rende “atipico”. La sua ricerca dell’amore lo rende vulnerabile e lo pone su una giostra di novità che deve ancora imparare a domare (se mai si può davvero domare l’amore).

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Attorno a lui due donne in moto centripeto.
Casey (Brigette Lundy-Paine), la sorella minore, è il punto fermo di Sam: lei è lì per contenerlo e rimetterlo in piedi. Sempre.
Ha solo 16 anni, molti sogni e poco tempo per viverli perché gravita sempre attorno al fratello. Ed è per questo che si mette alla ricerca di un po’ di luce, per uscire dall’ombra del fratello per essere ciò che è: un’adolescente con le sue crisi e i suoi chiaroscuri.

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Elsa (Jennifer Jason Leigh) è la mamma apprensiva, spaventata da quello che il mondo potrebbe fare a Sam e si annulla nel ruolo di madre-protettrice. Soffocata da questo fardello che l’annichilisce come persona, sbarella male quando la routine cambia.

Doug (Michael Rapaport) è l’unico componente della famiglia che segue il moto centrifugo: sta lontano dalla malattia del figlio, prova vergogna. Non conosce il figlio, non conosce la sua condizione e non è bravo a relazionarsi. Di conseguenza scappa…poi si ferma. Prende un bel respiro e si tuffa nel mondo di Sam.

Robia Rashid, ideatrice, e Seth Gordon, regista, ci raccontano così una famiglia in discussione. Che rompe il silenzio in cui si era calata. Che lascia il nido sicuro per lanciarsi nel vuoto e capitombolare nell’imprevedibilità. Trovandosi poi nei guai quotidiani che ne possono derivare.

 

PERCHÉ VEDERLO

  • Casey è il personaggio meglio riuscito di tutta la serie e quello che raccontano di lei, anche se alle volte superficialmente, colpisce molto. Appare come la cosa più vera che si possa dire sulle persone legate all’autismo.
  • Perché la serietà di una condizione come l’autismo viene proposta in chiave comica, ma senza deriderla. Ci vuole classe per questo.
  • Perché si parla di pinguini. Spessissimo. E sono davvero molto carini. Oltre che un’ottima analogia alle nostre disperate vite amorose.

 

PERCHÉ NON VEDERLO

  • Se volete un racconto accurato su cosa sia l’autismo, allora vi dirotto su un film stupendo “Autism in Love”. Magari ne parliamo prossimamente?
  • È un po’ lento nel suo sviluppo ed è consigliato per accompagnare la cena in famiglia.
  • C’è Caleb di Quantico. Però si leva la maglietta solo una volta. Certo non è questo il luogo, però credo ci sia una forma di reazione pavloviana nei suoi confronti.

Vi lascio con il trailer e la consapevolezza che una seconda stagione è in arrivo.

– Yus

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