In un momento imprecisato di febbraio 2017 ho scritto a Marta, Eleonora e Nicolas di guardare l’episodio numero uno di Big Little Lies, appena uscito, per vederlo in sincro sbarellando su whatsapp. Il caso, o forse gli orari spagnoli, ha voluto che il tenore di vita di Marta in erasmus fosse molto simile a quello di una civetta: in pratica poteva guardare le serie tv solamente di notte, se intendiamo notte dalle 3 alle 7. Tutto questo per dirvi che dopo mesi di rimandi abbiamo desistito e ho recuperato la serie a maggio: adesso che lo so, ringrazio il destino, perché aspettare una settimana tra un episodio e l’altro sarebbe stato caos totale.
INFORMAZIONI DI CULTURA GENERALE
Può essere che leggendo questo articolo vi imbatterete in un numero eccessivo di screenshot raffiguranti Reese Witherspoon. Sappiate che se lo merita.
Nel 2014 la scrittrice australiana Liane Moriarty ha scritto Big Little Lies, che le case editrici italiane non hanno avuto il buongusto di lasciare in originale traducendo con Piccole grandi bugie, romanzo trasformato in mini-serie trasmessa sul canale americano HBO in sette episodi nel 2017. Ogni puntata dura dai 50 ai 60 minuti e, ve lo dice uno che l’ora la tollera solo ed esclusivamente se si tratta di OITNB, termina molto prima che tu te ne accorga.
Prima di aggiungere altro necessito di fare un mea culpa: non ho letto il libro. Ciò significa che ogni mio giudizio è da relegare alla serie tv, che ho volutamente visto prima gettando alle ortiche anni di esperienza partiti con i libri di Harry Potter che se non si leggevano prima del film il film non si vedeva.
LA TRAMA
Non posso dirvi altro, sarebbe spoiler.
Nicole Kidman, Reese Witherspoon e Shailene Woodley si chiamano segretamente Celeste, Madeleine e Jane e vivono in case – che piuttosto che case sembrano pezzi di paradiso prestati al mondo terreno – affacciate sul Pacifico nel cuore della California, a Monterey. L’ho scritto tra i trattini ma seriamente, se la vostra bile è verde anche solo davanti alle instagram stories della Ferragni, non guardate questa serie.
Proprio come How to get away with murder lo show si apre mesi dopo l’inizio degli eventi narrati, mostrandoci pochi dettagli di una scena del crimine che, attenzione, non si lascerà scoprire piano piano ma che verrà spiegata, vittima e colpevole compresi, soltanto all’ultima puntata. Suona come una tortura cinese? Un pochino lo è.
Sappiamo che un cadavere c’è. Sappiamo che la sera dell’omicidio c’era una festa alla scuola dove portano i figli Celeste, Madeleine, Jane e tutti coloro che vivono nell’opulenta e falsa atmosfera di Monterey, quella in cui i padri fanno a gara per chi compra l’auto più grossa e le madri nascondono bazooka nei tacchi a spillo. Sappiamo che il vero filo conduttore che lega i personaggi è l’odio. Sappiamo che tutti avrebbero un movente per andare fuori dalle righe con almeno un terzo degli invitati. Sappiamo che abbiamo bisogno di spararci sette puntate di fila in meno di 48 ore.
PERCHE’ VEDERLO
Vi dico, mentre guardi lo show vuoi sapere tutto della notte del delitto ma, a differenza del sopracitato HTGAWM, te ne ricordi saltuariamente: lo show segue le vite delle protagoniste affrontando temi importanti quali, fra tutti, la difficoltà nel crescere i figli che, in età da elementari così come adolescenziale, possono creare problemi non indifferenti, e soprattutto la violenza sulle donne, includendo nel pacchetto gli effetti sulla psicologia di chi subisce questa violenza.
A tal proposito, parlerei dell’elefante nella stanza: il cast. La serie è recitata perfettamente, e basta leggere i nomi per avere aspettative altissime. Saltando le tre protagoniste, che va bé non ve lo sto neanche a dire, Alexander Skarsgard e Laura Dern sono stati per me piacevoli scoperte e m’è piaciuto poter rivedere, nell’ordine: Adam Scott, che ha fatto un sacco di cose ma che io ricorderò sempre come “quello che si fa la tipa di Masters of Sex in The Wedding Party“; Zoe Kravitz, figlia di Lenny Kravitz; James Tupper, il padre di Emily Thorne in Revenge. Ecco, anche se non avessi rivisto James sarei stato bene uguale.
Doveroso PS, nonostante il titolo della serie contenga quel pericoloso “Lies” finale, Pretty Little Liars non c’entra nulla: non c’è trash, i protagonisti non sono mossi da logiche irrazionali e il tutto è davvero credibile. Big Little Lies è credibile. Non parla di fantascienza e non parla di realtà che non possono capitare. Parla di verità scomode, di situazioni vissute da persone nel silenzio delle loro camere, di mondi ritenuti distanti da noi per una vita ma che in un minuto possono essere fin troppo vicini, di ferite che non si possono curare con un po’ di ghiaccio, di rapporti tra persone che guardando lo show si vedranno nelle serpi che camminano a testa alta a Monterey.
Va visto.
PERCHE’ NON VEDERLO
Ecco, non fatela arrabbiare anche voi non guardando la serie.
A me Big Little Lies è piaciuto davvero tantissimo e non trovo un motivo per cui non andrebbe visto, ma mi è capitato di ricevere messaggi di amici che ora non sono più amici che dopo i primi due episodi sono rimasti con il classico amaro in bocca di chi subisce la lunghezza delle puntate. Mi dissocio, sappiatelo.
Lo show ha riscosso particolare successo, proprio per questo, ha aggiunto una seconda stagione sulla scia di Thirteen Reasons Why sebbene non fosse stato progettato per avere più capitoli.
Vi lascio con il promo della serie, fatemi sapere in pagina cosa ne pensate!
-D