Con la scusa che Netflix ha deciso di permetterci di saltare le intro dei suoi show di culto (da OITNB a Sense8 passando pure per The Get Down) mi sono resa conto di aver guadagnato circa 40 secondi a puntata che moltiplicato per alcune puntate che poi sono tante puntate ho deciso di avere a disposizione circa 10 episodi da 30 minuti. So cosa stai pensando: questo ragionamento non fa una piega.
Valeria, che è una delle più grandi bingewatcher che io abbia mai conosciuto, mi ha parlato di Dear White People ed io mi sono sentita moralmente obbligata a guardare il pilot e ovviamente tutto quello che ne conseguiva.
Dear White People è un lungometraggio presentato al Sundance Festival nel gennaio 2014, racconta il vissuto di un gruppo di ragazzi di colore in un college fittizio dell’Ivy League. Netflix, con gran parte del cast del film, ha deciso di riadattare il tutto cosicché fosse appetibile per il piccolo schermo.
La trama
Sam White è nera o meglio, non è proprio nera, è di colore ma a volte non è di colore abbastanza perché la sua pelle è molto simile al caffellatte. Gestisce un programma radio il cui titolo “Dear White People” vuole richiamare l’attenzione sulle battaglie che la compagine nera del campus deve continuamente combattere se vuole che la propria voce venga presa in considerazione.
Insieme a lei troviamo:
– Gabe, non fate come me e accorgetevi subito che è Aaron di Gossip Girl, quello che ha sposato Serena in campeggio con un anello di liquirizia
– Reggie, ragazzo devoto al movimento e, ovviamente a Sam
– Coco, colei che diventerà la seconda presidentessa di colore degli Stati Uniti D’America
– Lionel, il reporter che ci vuole per forza perché se non sei amico della stampa fai una fatica pazzesca ad emergere
–Troy, il golden boy che ha passato così tante ore su un piedistallo da essersi scordato come si sta in piedi da soli
Perché vederlo
Ho messo gli addominali solo perché perfettamente in linea con le provocazioni dello show, sapete che in fondo sono meglio di così.
Dear White People ha lo scopo di smuovere gli animi e in fondo lo fa, lo fa parodizzando Scandal, che io non ho mai visto e che sono quasi sicura non sia così terribile come viene dipinto e lo fa attraverso gli occhi dei suoi protagonisti i quali, uno alla volta, vengono seguiti dalla telecamera che ci svela che dietro ogni grande movimento c’è un movimento più piccolo e che dietro ogni movimento più piccolo ci sono cuori che battono ad un ritmo diverso: essere il volto della rivolta non coincide necessariamente con l’essere la rivolta [n.d.r. l’ultima frase è valida solo se non sei Katniss Everdeen].
Perché non vederlo
Non vorrei sembrare troppo critica o troppo chiusa o troppo superficiale o troppo cose negative però la destinataria di questa serie tv non sono io, mi è risultato difficile immedesimarmi.
Esempio: Hannah Baker si suicida ed io penso a tutte le volte in cui avrei voluto alzare la voce. Non ho assolutamente idee suicide ma mi sento un po’ lei, perché le sue battaglie le ho combattute.
Cristina Yang decide di scegliere sé stessa, mi rivedo in lei anche se, fino a prova contraria, non ho tratti asiatici.
Qui le battaglie di Sam e Reggie le conosco ma di sfuggita e faccio fatica ad immaginarmi a lottare al loro fianco sebbene condivida la maggior parte dei loro ideali, il desiderio di non vedersi puntare pistole addosso solo perché più scuri del poliziotto che la impugna e la voglia di essere considerati meno diversi di quanto effettivamente si è.
Non sto dicendo che non mi è piaciuto perché sono bianca, se questo fosse il messaggio che passa me ne vergognerei fino al 2092, forse sono stata molto fortunata fino adesso a non trovarmi in situazioni simili alle loro oppure, più semplicemente, non sono stata pronta a capire ciò che gli autori hanno cercato di dirmi.
Vi lascio con il trailer il quale, considerato esageratamente “razzista in senso inverso”, ha totalizzato un numero di dislike doppio rispetto a quello dei like:
Come sempre, attendo vostre.
Un bacio a testa,
-M