A 16 anni, per il mio compleanno, ricevetti The Fame. Non ero un fan di Lady Gaga, non lo sono mai stato.
In me hanno sempre suscitato fascino quegli artisti che sono eccentrici nel modo di produrre musica piuttosto che nel modo in cui decidono di promuoverla. Con Lady Gaga mi sono sempre sentito sopraffatto dal modo in cui si presentava al mondo, e quando si è imposta nell’industria musicale così velocemente e prepotentemente, poi, ho fatto molta fatica a stare al passo con tutti i suoi cambiamenti. Dopo The Fame Monster e Born This Way ho imparato a scindere questo dualismo che ho sempre pensato la caratterizzasse: ho iniziato a vedere una Lady Gaga personaggio e una Lady Gaga artista. Solo così ho imparato, con qualche difficoltà, ad apprezzarla veramente.
Stefani Joanne Germanotta, questo è il suo vero nome, ha una vena artistica camaleontica. L’ho capito dal percorso che ha intrapreso dal 2008. Pop puro in The Fame e The Fame Monster, pop miscelato ad un po’ di rock e qualche vena elettronica in Born This Way, quello che io definisco pop elettronico-casinista in ArtPop, jazz in Cheek to Cheek insieme al grande Tony Bennett, fino ad arrivare ad oggi con Joanne: poco pop e molto folk, country e glam rock.
The Fame ora è sullo scaffale tra la mia collezione di dischi, e dopo 8 anni mi ritrovo a sfogliare il booklet per ricordare a me stesso che Joanne era una figura che avevo già incontrato precedentemente. Dopo la trascrizione di 14 delle 15 canzoni contenute nell’album, i credits e i ringraziamenti, nell’ultima pagina c’è una poesia, A Poem for Joanne, che recita così:
For all the words you could not say
I promise they’ll be mine,The one you meant to marry J
I promise I will findAnd when your brother calls for me
I promise I will come,Cause when I feel that I may break
Your heart, it makes mine strong.
A 8 anni di distanza da The Fame, Lady Gaga sta facendo quello che ha promesso a questa donna: le sta dando una voce.
Con Joanne, rilasciato ufficialmente il 21 Ottobre, mi sono reso conto che quel dualismo che vedevo in Lady Gaga e che ho imparato a scindere è ancora presente e più forte che mai. Stefani questa volta è la ribelle se stessa ma è anche (e soprattutto) Joanne.
Morta a 19 anni, il 18 Dicembre 1974, a causa di alcune complicazioni dovute al lupus, malattia autoimmune contro la quale sta combattendo anche Selena Gomez, Joanne era la zia da parte di padre di Gaga.
Nel 2011, durante un’intervista a Billboard, l’artista ha detto di non averla mai conosciuta ma di aver sempre sentito una profonda connessione con lei:
Ho capito che la sorella di mio padre ha installato in me il suo spirito artistico. Lei era una pittrice ed una poetessa. Ho avuto una visione spirituale e in essa mia zia mi ha detto di finire quello che lei aveva cominciato.
Una “missione” che sta portando avanti da anni e che ci ha condotto a questo ultimo progetto iniziato con Perfect Illusion che è riuscito a spiazzare tutti i fan abituati alle ambientazioni dance-pop dell’artista. Con uno stile glam rock e un testo molto scarno, la canzone ha urlato in maniera esplicita quello che sarebbe stato l’intero album.
In Joanne, la produzione è molto più basica rispetto ai lavori precedenti e la cosa non dispiace. Anche la produzione vocale è molto più cruda, senza modifiche percettibili, quelle che normalmente ci si aspetta da un lavoro pop. Mark Ronson – conosciuto per aver lavorato nel 2006 con Amy Winehouse in Back to Black e, più recentemente, con Bruno Mars in Uptown Funk – è uno dei produttori dell’album e il suo tocco si fa sentire soprattutto a livello di produzione musicale.
All’interno del progetto Gaga ha collaborato anche con altri artisti, tra cui: Father John Misty in Sinner’s Prayer, l’immensa Florence Welch nella deludente Hey Girl – tributo a Prince (con voci del genere e capacità di songwriting come le loro mi aspettavo veramente molto di più), Kevin Parker della band australiana Tame Impala e Josh Homme dei Queens of the Stone Age rispettivamente alla chitarra in John Wayne e Diamond Heart e Beck in Dancin’ in Circles.
Ha dichiarato di aver preso la decisione di rilasciare Perfect Illusion come unico singolo estratto da Joanne ma di voler comunque continuare a promuovere l’album.
E’ stata anche protagonista di una puntata del geniale Carpool Karaoke con James Corden:
Su Youtube sta anche rilasciando dei video ad episodi del making of di Joanne. Il primo è dedicato alla creazione della seconda traccia dell’album, A-YO:
Se invece volete sapere un po’ del processo di scrittura/produzione e dell’idea generale del progetto, vi consiglio di guardare quest’intervista radiofonica al Zach Sang Show. Sì, lo so che sono 50 minuti, ma ne vale veramente la pena, vedere un’artista che parla senza una scaletta da seguire, senza un discorso da ripetere a memoria preparato da publicist vari, toccando diverse tematiche e parlandone mai banalmente:
In attesa di vederla al Superbowl Halftime Show di quest’anno, vi lascio con la mia personale top 5.
Hitting the right spot:
Best collaboration: Mark Ronson
Best lyrics: “I try to make the worst seem better.” (Million Reasons)
Best production: A-YO
Best alternative: Dancin’ in Circles
Best song: Angel Down
Amo gli artisti che sanno reinventarsi, che sanno sperimentare senza risultare banali, amo gli artisti che si spogliano di tutto e non si sentono a disagio nel rimanere nudi davanti alla folla. Il 21 Ottobre Lady Gaga è riuscita in tutto ciò e, anche se ArtPop è il suo lavoro più vicino al mio mondo, è riuscita a convincere anche me.
Nic.
P.S. Grazie alla pagina Monsters of Gaga per averci condivisi!
2 pensieri su “Lady Gaga: Joanne”