Scooter nel sole su sfondo giallo

Lo yoga del ghetto

Non sono di Milano-Milano.  A dire il vero non so nemmeno se sono di Milano e basta, qui Deliveroo non consegna, le car2go hanno paura ad arrivare e dopo le dieci di sera passa una metro ogni mezz’ora, se sei fortunata.

Noi siamo di quelli che ad aprile tirano giù il finestrino e lo tirano su ad ottobre ma solo perché altrimenti si inzuppano i sedili: il nostro braccio sinistro sarà sempre più abbronzato di quello destro, perennemente impegnato a cercare la canzone giusta.

Zero fiori nelle aiuole perché durano meno di una notte e prima di attraversare sulle strisce guardiamo sempre tre volte, di sicuro il Booster dietro la Punto non ha intenzione di fermarsi. Mi fa sorridere parlarne con chi esce in Sempione, con chi sa che c’è più di un tipo di pilates, con chi “torno a casa con la 94”.

E’ successo che ho cominciato a fare yoga ma qui non è uno yoga normale: lo si fa in uno scantinato e ha più l’aria del fight club.
Nella stanza accanto tengono corsi di latino americano e quindi alle 21.20 sei ad occhi chiusi ma parte Enrique Iglesias, l’insegnante non ha uno stereo e quando entri in sala ti si appannano gli occhiali perché dentro prima fanno zumba e fa caldo, così caldo da non crederci.
Le posizioni sono diverse e in italiano perché se sai il sanscrito non insegni qui però… però ridi un sacco anche se non dovresti.
Ridi perché non sei riuscita a trovar parcheggio vicino alla palestra, vieni invitata ad immaginarti in un campo di margherite e poi devi sceglierne una ma tua mamma si chiama Margherita e non esiste più nemmeno il libero arbitrio.

Ridi perché incroci lo sguardo degli amici di sempre, quelli che sanno perfettamente che non riuscirai mai a fare la posizione della scimmia e che quindi ti spiano con la coda dell’occhio.

Sono quasi convinta che questo non sia lo scopo dello yoga ma, se quando esci sei leggera e sai di non aver compiuto nulla di illegale… E’ l’ora e un quarto migliore del mondo.

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