“Ma Dio, hai ricominciato?”
“Io non… Non ho mai smesso”.
Aveva le mani sporche di vernice e sembrava assente, come ogni volta in cui gli capitavano episodi del genere.
La stanza era piena di tele con la stessa immagine vista da angolazioni diverse, in alcune si poteva addirittura percepire lo stridio dei freni.
“Avevi detto che era finito…”
“Avevi bisogno di sentirtelo dire”
Si scosta un ciuffo di capelli dalla fronte, resta macchiata di grigio.
“Non sei andato al lavoro?”
“Sì ma poi ho litigato con Frederik”
“Di nuovo, Sam? È la terza volta questa settimana”
“È che non riesco a controllarmi. È come se avessi dei flash e quand’è così ho bisogno di un pennello, mi serve qualcosa in cui canalizzare tutto quello che non ricordo”
Infila le mani nella tasca dei jeans, tira fuori una sigaretta storta. Io guardo nel posacenere e conto 11 mozziconi accartocciati in malo modo.
“Hai da accendere?”
Insieme ai mozziconi 3 fiammiferi ridotti all’osso. Una volta, guardandoli, mi avrebbe dedicato una poesia.
“Hai già fumato abbastanza”
Resta lì con la sigaretta penzolante tra le labbra. Mi accorgo che la situazione è più grave del previsto perché sugli scaffali i libri sono in ordine cromatico. Non ho mai capito per quale motivo trovasse così tanta calma nei colori, in me.
Prima di quella sera tutto era perfetto, dopo innumerevoli tentativi avevamo capito qual era il modo migliore di funzionare. Quando litigavamo avevamo paura crollassero i muri, non sapevamo come prenderci e ci prendevamo male. La prendevamo male. Ogni scusa era buona per vomitarsi addosso lo schifo accumulato durante la giornata.
Hai fatto due ore di straordinari? Sei una stronza, vattene.
Sciopero dei treni? Non mi stupisco che nessuna ti abbia mai amato prima di me.
I nostri dialoghi erano accozzaglie di detriti raccolti durante il giorno e noi non eravamo bravi a creare il bello a partire dai rifiuti degli altri. Ci rifiutavamo l’un l’altra ma tornavamo sempre insieme, un po’ perché non sapevamo dove andare e un po’ perché era evidente ci fosse qualcosa di più. Di questo però, ci siamo accorti tardi.
“Vuoi fare qualcosa?”
“Un thé, magari”
Scavalca le tavolozze e resto stregata dal modo che ha di danzare nella stanza.
Ricordo che quel giorno, la prima volta che lo incontravo, non avevo nessuna voglia di uscire di casa. Espadrillas e vestito arancione, lui un paio di pantaloni gestiti male ed una t-shirt della taglia giusta. Non era una cosa scontata, mi circondavo solo di sbagli, proprio come adesso.
Non ci siamo nemmeno stretti la mano, credo che il nostro primo contatto sia stato il tuo maglione sulle spalle, pensavo di annoiarmi, di scappare dopo pranzo.
Parole come ciliegie e una dopo l’altra mi hai riportata a casa.
Faccio 4 passi, grazie.
Andiamo dalla stessa parte Sam?
D’accordo, volentieri.
In realtà non abbiamo fatto 4 passi perché eri in bicicletta e io credevo che pedalando così lentamente saremmo presto caduti in un’aiuola. Io in equilibrio sul manubrio e tu attento a schivare le buche perché avevi la sella scomoda.
Che fai?
Il pittore!
No dico, nella vita.
Il pittore.
Mi hai risposto piccato, come se ti stessi prendendo in giro.
E ci vivi? Nel senso, ti basta?
E’ tutto ciò di cui ho bisogno.
Ho pensato sul serio che fossi tu a prendermi in giro ma mi piaceva immaginarti con il naso sporco di tempera. Forse mi piaceva immaginare me sporca di tempera perché ero sempre spaventosamente pulita.
E tu invece, che fai?
Io sono qui, con te.
Ti basta?
E’ tutto ciò di cui ho bisogno.
Abbiamo sorriso entrambi attraversando le strisce pedonali poi mi hai lasciata sotto casa.
Il maglione lo vuoi?
Tienilo tu. Avremo una scusa per rivederci.
Mentre lo dicevi avevi già ripreso a macinare kilometri. Avevo una coinquilina che era solita aspettarmi in piedi, ore prima ero con lei.
Hai conosciuto Sam? Immaginavo ti sarebbe piaciuto.
Piaciuto? Lo amavo già.
Abbiamo provato ad uscire in compagnia ma finivamo per astrarci così siamo andati a cena solo io e lui, stanchi delle lamentele degli amici perché ci monopolizzavamo a vicenda. Io ero un po’ di tutti, non certo famosa per la mia parsimonia ma con Sam… Con Sam rimpiangevo ogni persona da cui mi ero lasciata scoprire.
Le sue storie erano solo per me e io volevo avesse qualcosa di suo pur essendo mio.
Gli raccontavo delle mie notti fuori e lui mi raccontava delle sue notti insonni così abbiamo cominciato a raccontarci delle nostri notti insieme, schiena contro il pavimento ad immaginare i sogni incisi sul soffitto.
I suoi erano così vividi che alle volte riuscivano a tingere anche i miei.
Partiamo, mettiamo i pennelli in borsa e partiamo.
Quando lo dicevo sorrideva.
Lo faremo ma non adesso. Cosa manca qui? Abbiamo un gigantesco lenzuolo bianco, servono solo le nuance giuste.
E cambiavo fantasie, cambiavo abiti ma la realtà sembrava sempre la stessa.
“Mi sono scordato la bustina nell’acqua, temo che non sarà granché…”
Zucchero e limone, che poi sono i componenti che fanno sì che una relazione funzioni, e ci mettiamo a sorseggiare il thé seduti sul davanzale della finestra.
“La tua giornata?”
“Storta, come tutte le altre. Se ce ne fosse una dritta mi sembrerebbe sfocata, troppo diversa”
“Prima era diverso”
“Sono passati 8 mesi Sam, dobbiamo farcene una ragione”
“Vedo i tuoi occhi, Blu. Continuo a vederli. Dici che…”
Parole di traverso, tossisco.
Credo si sia innamorato di me dopo aver letto Nabokov, adorava il modo in cui le mie labbra scoppiavano mentre pronunciavo il mio nome.
Blu Blu Blu Blu Blu. Suona bene, sai?
Suona triste, più che altro.
Non riesci proprio a vederti come ti vedo, vero?
E come mi vedi?
Ha preso un foglio e un carboncino, un punto al centro e linee convergenti.
Perché le cose siano in prospettiva serve un punto di fuga, tu sei il mio. Quando sono in disordine so che mi basterà dirigermi verso di te perché tutto torni al proprio posto.
Vorrei conoscere un modo per risponderti…
Lo fai ogni giorno, solo che non usi le parole.
Un bacio sul naso, un morso ad una crêpes e ci siamo messi in macchina.
Pioveva forte e quella volta mi sono sentita l’Orlando a Roncisvalle.
Arriveremo tardi, hai detto.
Accelera.
No no no, frena, frena. Frena!
Non so a cosa pensavo, forse che se avessi gridato più forte le mie corde vocali ti avrebbero fatto da cintura da sicurezza ma no, ti ho visto sbalzare.
Ho usato il nostro lenzuolo bianco per coprire un cadavere perché tu… tu non riuscivi a muoverti. Sam… Sam?
Sam, stai bene?
I polmoni sentono caldo e freddo così come i reni, le cosce e le mani, non è che se non lo vedi è come se fosse al sicuro.
Sentivo i geloni ovunque perché i tuoi ricordi sono un quadro puntinista a cui mancano dei pezzi.
“Eri così stanca Blu, avresti dovuto ascoltarmi”
“Se ti ascoltassi sempre non staremmo insieme”
“Questo earl grey fa schifo”
“Ricordi qualcos’altro?”
“Aveva un maglione rosso”
Saremmo dovuti partire, Sam.
Io avevo un maglione rosso e guidavi tu.
